Scarsità di fondi per la Ricerca sul tumore pediatrico. Cosa vuol dire?

La Rubrica “Parliamo di cancro infantile” è a cura di Maricla Pannocchia.
Fondatrice e Presidente dell’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro, è anche scrittrice e attrice.
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Circa un anno e mezzo dopo aver fondato la mia Associazione di volontariato Adolescenti e cancro, ho scoperto della scarsità di fondi dedicati alla ricerca sui tumori pediatrici. Prima di allora – come credo succeda alla maggior parte della gente – pensavo che i bambini e i ragazzi affetti dal cancro che vivono nei Paesi occidentali ricevessero le migliori cure. In fondo, si tratta appunto di bambini e ragazzi. Di quelli che definiamo spesso “il nostro futuro”.

La realtà però è ben diversa. Il cancro infantile è considerato “raro” e di conseguenza si preferisce investire su tumori che colpiscono un numero più elevato di persone, ovvero gli adulti, perché ciò garantisce un maggior ritorno economico. Spesso i bambini e i ragazzi vengono trattati con terapie vecchie di decenni pensate per gli adulti che non riescono a salvare le loro vite, sono tossiche e aggressive e, anche quando i bambini o i ragazzi riescono a guarire, spesso sono costretti a convivere con effetti collaterali a breve o lungo termine, anche gravi, come infertilità, tumori secondari, problemi cognitivi…

Quando ho scoperto tutto ciò sono rimasta a bocca aperta. Siamo nel Ventunesimo Secolo eppure, mentre i nostri opulenti Paesi investono nel turismo, nella tecnologia e perfino nelle guerre, decidono di lasciar perdere questi bambini e ragazzi. Perché sono pochi; sono “rari”. Ma cosa vuol dire “raro”? Se un solo bambino in tutto il mondo fosse affetto da cancro pediatrico questo avrebbe comunque il diritto di essere considerato importante, un diritto che non è una richiesta stralunata ma ciò con cui ogni essere umano nasce per legge. Basta dare un’occhiata alle foto e alle storie presenti nella nostra mostra fotografica online “(IN)VISIBILI” per renderci conto che il cancro infantile non è così “raro” come vogliono farci credere.

Tuttavia, nonostante la rabbia e lo shock di questa scoperta, ho iniziato a capire veramente cosa significhi la carenza di fondi dedicati alla ricerca sui tumori pediatrici quando ho ricevuto storie di genitori che hanno perso i loro figli. Storie di bambini o ragazzi che hanno sofferto moltissimo a causa della tossicità delle terapie o dell’assenza totale di terapie che possano portare a una guarigione.

Il 10 maggio primo intervento e non sto qui a dire in che condizioni è uscita dalla sala operatoria dopo quasi 7 ore, inizia la chemio e in meno di 24 ore riprese a camminare, i medici quasi increduli, dopo due mesi di chemio autotrapianto di midollo osseo, anche in quei 23 giorni d’isolamento ho rischiato di perderla per la tossicità della chemio, ha rischiato un arresto cardiaco. (mamma di Jennifer, 8 anni per sempre, diagnosi: neuroblastoma IV stadio metastatico).

Al secondo ciclo, per la chemio e la sua tossicità, alla mia piccola vennero delle lesioni al cervello… Stette in coma confusionale… Non parlava… Non interagiva…. Un vegetale.. Sembrava un vegetale… (mamma di Chiara, 8 anni per sempre, diagnosi: leucemia mieloide acuta).

Queste sono solo due situazioni frutto della tossicità dei farmaci; farmaci che sono vecchi e/o pensati per gli adulti. E’ giusto sottoporre un bambino o un ragazzo – o un essere umano in generale – a questo tipo di tortura? La risposta è ovvia.

Ci sono poi tumori pediatrici considerati più “rari” di altri e fra questi spicca senza dubbio il DIPG (glioma diffuso intrinseco del ponte). Si tratta di un tipo di tumore al cervello che colpisce quasi esclusivamente i bambini e per il quale non c’è una cura che possa portare alla guarigione. Le famiglie che ricevono la diagnosi di solito si sentono dire: “Vostro figlio/a ha 9-12 mesi di vita; andate a casa e collezionate ricordi”.

Questi bambini e ragazzi non hanno nemmeno la possibilità di provare a combattere. Oltre 50 anni fa la figlia dell’astronauta Armstrong è morta a causa del DIPG; da allora, la prognosi è ancora la stessa. Il DIPG non è operabile per via della zona in cui si trova; l’unica “terapia” possibile è la radioterapia che può ridurre il tumore per un certo arco di tempo dando sollievo dai sintomi ma non è una cura. Ci sono anche test clinici, ma nessuno porta a una cura. Il DIPG priva i bambini e ragazzi delle loro funzioni vitali basilari come ingoiare, parlare, mangiare, camminare, muoversi ecc fino a portarli alla morte. Esso è uno dei tumori pediatrici considerati così “rari” da non valere assolutamente niente agli occhi dei politici e delle case farmaceutiche. Ci sono poi tumori con una percentuale di guarigione esistente ma bassa, come quelli alle ossa.

Nel caso di Nicole i famosi 9/12 mesi sono stati 5 e 6 giorni…Questo mostro l’ha portata a non camminare, muoversi, parlare, mangiare, respirare autonomamente….l’ha portata a invidiare i bimbi che semplicemente camminavano… avete letto bene… una bambina apparentemente sana fino a 5 mesi prima è stata – qual è la parola esatta per dire? -divorata!!! Letteralmente divorata da un MOSTRO invisibile che le ha tolto la dignità e ha distrutto le nostre vite per sempre. (mamma di Nicole, 5 anni per sempre, diagnosi: DIPG, glioma diffuso intrinseco del ponte).

Osteosarcoma, tumore primario dell’osso, tumore raro. I farmaci che sono stati utilizzati per tentare di salvarla sono stati registrati oltre 30 anni fa. (mamma di Eleonora, 13 anni per sempre, diagnosi: osteosarcoma).

Vincenzo ha fatto tutti i protocolli possibili perché non risponde bene alle terapie e quasi ogni due mesi siamo costretti a cambiare. Abbiamo un’ultima carta da giocare e viene dato solo un 10% di possibilità, è il 5 dicembre 2018. Per quasi 5 mesi la terapia funziona, la malattia è ferma ma ad aprile 2019 inizia ad avere dolori, dalla risonanza c’è attività. Purtroppo la malattia è attiva ma non abbiamo più terapie e viene attivata un’assistenza domiciliare. (mamma di Vincenzo, 16 anni per sempre, diagnosi: osteosarcoma).

Questi bambini e ragazzi vengono mandati ad affrontare battaglie così grandi spesso senza avere le giuste armi per combattere.

Ecco che cosa vuol dire, nella vita di ogni giorno, nella vita di famiglie comuni, la carenza di fondi dedicati alla ricerca sui tumori pediatrici. Significa costringere bambini e ragazzi a patire le pene dell’Inferno e spesso a morire.

Ricordiamocelo, quando sentiamo dire di un bambino o un ragazzo che è morto a causa di un tumore. In molti casi, non si tratta solamente di sfortuna.

L’essere umano – se così può essere definito, in questo caso – ha contribuito.

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