“Intra Moenia”, nel limbo dell’anima

di Cristian Mariani – 

 

 

Sembrano emettere urla mute, agognare un’esistenza trattenuta nel limbo, protrarsi oltre l’aspetto squisitamente fisico della tridimensionalità. Corpi in bronzo e marmo che esulano dalle competenze fisiche che ritraggono con dovizia di particolari e vanno a collocarsi in una dimensione squisitamente spirituale della vita; ciò che difatti risulta evidente è la simbiosi tra la scultura visibile e l’idea astratta che intende comunicare, ovvero l’analogia tra il corpo che riemerge dalla parete in cui è sprofondato o da cui viene generato e l’anima straziata che viene proiettata all’esterno del corpo medesimo, verso l’osservatore, verso la vita di carne e sangue, verso l’essere nella sua pienezza.

Le opere di Matteo Pugliese, queste mirabolanti sculture poste al di fuori della concezione classica di espressività, sono tutto questo e molto di più; rappresentano il genio umano che si rinnova nella enunciazione del proprio credo iconografico, l’esaltazione estrema dello spirito che vi è rinchiuso e infuso dentro.

Il loro nome evocativo, Extra Moenia , letteralmente “Fuori dalle mura della città” per riferirsi a tutti i monumenti e gli spazi posti al di fuori della cinta di protezione dei centri urbani, vuole forse riferirsi proprio alla dinamica espulsiva che dal centro dell’essere si proietta in uno spazio ipotetico e astratto, ma comunque tangibile poiché parte integrante dell’opera. È l’anima che si afferma riemergendo dalle paludi del corpo fisico o la fuga della stessa dalla prigione della materia? Dubbi interpretativi che nulla tolgono e nulla conferiscono ad un’arte che riecheggia di quell’abile e sontuoso sapere tecnico ed espressivo, dove la stereotipia artistica del bello si arricchisce del senso emotivo di una interiorità presunta e pur tuttavia palese.

L’ultima astratta singolarità ed ennesimo colpo di genio di Pugliese si riferisce alla presenza dell’osservatore che dona con lo sguardo indagatore una dimensione dinamica e plastica alle figure conferendo un senso e una intenzionalità diversa a seconda del punto di osservazione. Come nella fisica quantistica l’uomo fisico, interagendo con la proiezione narrata del proprio sé, ne modella la genesi e la direzione e ne ridisegna il senso profondo dell’esistenza oltre lo spazio, oltre il tempo, oltre la parete bianca che lo reclama e lo affoga nel qualunquismo moderno e nella routine del pensiero.

Cristian Mariani

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