Canapa: storia di una pianta proibita
di Giulia Contarino
La canapa è forse la pianta più famosa al mondo, tutti la conosciamo per il suo uso più comune: quello ricreativo. In realtà le sue applicazioni sono molteplici a partire da quella medico-psicologica, infatti i dottori possono prescrivere la cannabis a pazienti con sclerosi multipla, depressione, glaucoma, insonnia ecc..
Ma non solo, nel campo dell’abbigliamento si possono creare materiali in fibra di canapa resistenti, ecologici e termoregolanti comodi sulla pelle.
Edilizia, cosmetica e ristorazione sono tutti campi in cui la canapa eccelle per le sue proprietà. Di questa pianta non si butta nulla, infatti anche i semi ricchi di nutrienti vengono usati per creare oli ricchi di omega 3 e omega 6, utili contro il colesterolo. Gli atleti di tutto il mondo consumano regolarmente olio e fiori di CBD per rilassarsi dopo gli allenamenti e contro il dolore muscolare.
La storia di questo vegetale smart parte molto tempo fa: nel 2700 A. C.
In Cina veniva usata per scopi terapeutici ed anestetici, nel 1456 il primo libro stampato della storia (la bibbia di Gutenberg) è stato stampato su pregiata carta di canapa, come la dichiarazione di indipendenza americana.
nel 1940 Henry Ford, l’imprenditore visionario che ha creato un impero che esiste ancora oggi, aveva scelto proprio la canapa per creare un’auto innovativa (ed il suo carburante in bioetanolo naturale) che purtroppo è rimasta solo un prototipo.
La troviamo nei primi jeans Levis e nelle famose tele usate da Van Gogh e Rembrandt.
C’è stato un periodo storico in cui era addirittura illegale non coltivarla: in Virginia, tra il 1763 e il 1767, fu promulgata una legge che ordinava a tutti i possessori di terre di destinare una parte degli appezzamenti alla semina di Canapa.
George Washington:《Sono felice che il giardiniere sia riuscito a salvare tanti semi di Canapa indiana, preparate per bene il terreno e poi piantatela in aprile, la Canapa può essere piantata in ogni luogo.》
Anche Thomas Jefferson, era un imprenditore agrario e pure lui riteneva la coltivazione della Canapa “essenziale al benessere e alla protezione del Paese”. Così importante da impegnarsi personalmente nella costruzione del primo macchinario capace di separarne meccanicamente le
fibre.
Perfino le reti da pesca fino all’800 erano in canapa, dopo l’uso i pescatori le lasciavano in acqua come cibo per pesci, creando così un riciclo di risorse.
Oggi la maggior parte delle reti sono in nylon, e arriviamo così all’argomento principale, il motivo per la quale abbiamo smesso di usufruire di questa pianta: la plastica e la sua campagna contro le risorse naturali.
Partendo dal 900 (detto anche il secolo della plastica) fanno il loro ingresso nella società la bachelite, il PVC, il cellophane, il nylon ed il PET.
La seconda guerra mondiale ne prova l’utilità compensando la carenza di ferro ed altri materiali; vengono costruiti veicoli, armi e vestiti in plastica.
Passata la guerra, la plastica, debutta nell’industria del divertimento, in quella alimentare e (soprattutto) farmaceutica; gli imprenditori nel campo della raffinazione del petrolio, in quegli anni, iniziano la campagna terroristica attraverso spot e pubblicità contro la marijuana (termine messicano) definendola mortale ed altamente tossica, infatti i messicani la utilizzavano a scopo ludico sfruttando il THC all’interno del fiore.
Non resero illegale solo esso però, ma l’intero arbusto, a partire dall’America ed in seguito in tutta Europa. le case farmaceutiche iniziarono a sintetizzare medicinali naturali in medicine chimiche molto più remunerative e creando tutti i presidi “usa e getta” che conosciamo oggi, si iniziò anche la
produzione di capi sintetici a basso costo sfruttando l’inizio dell’era consumistica.
Grazie al proibizionismo ci dimenticammo totalmente della canapa, rendendola ancora oggi un tabù.
L’impatto ambientale è stato chiaro fin dai primi anni: infatti solo il 19.9% dei rifiuti plastici vengono riciclati in tutto il mondo, la plastica termoindurente è indistruttibile e non riutilizzabile. Dalle 8 alle 15 tonnellate di plastiche finiscono ogni anno nei mari uccidendo 100.000 animali marini.
Nel 2018 ulteriori studi hanno riportato il ritrovamento di microplastiche all’interno di rifiuti organici umani dando la prova che la ingeriamo quotidianamente.
L’Italia era seconda potenza mondiale, dopo la Russia, per la produzione di canapa e le prove del nostro rapporto con lei sono ovunque: il canovaccio in fibra di canapa era l’oggetto più comune nelle case italiane, il Canavese è una regione storico-geografica del Piemonte e prende il nome dalle sue antiche piantagioni di canapa, vestiti d’epoca realizzati in canapa si riposano dentro vecchi armadi o in grandi teche dei nostri musei custodendo un antica tradizione tessile.
Dalle ultime ricerche si evince che la canapa potrebbe essere sfruttata anche per il bioarredamento, nella nautica e per sostituire la fibra di vetro dandoci la risposta tanto attesa: la canapa e altre plastiche naturali possono sostituire la plastica derivante dal petrolio. Sono però necessari grossi investimenti economici ed una reindustrializzazione.
Alcuni stati, in questi anni, dopo essersi resi conto del potenziale economico, l’hanno resa nuovamente legale: in alcune regioni degli USA, in seguito al consumo di cannabis, è diminuito l’uso di whisky da parte della popolazione e anche il tasso di violenze domestiche, senza contare che oggi è l’industria che crea più nuovi posti di lavoro in assoluto negli Stati Uniti e solo nel 2017 hanno incassato 4,7 MILIARDI di dollari in tasse dal mercato della Cannabis legale.
L’Olanda ha creato un modello economico e turistico basato su essa diventando un’icona.
La domanda, adesso, la faccio a voi Canapa, si o no?